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Sloi machine/ Dove non arriva il giornalismo, arriva il teatro


La locandina
dello spettacolo
Dove non arriva il giornalismo d’inchiesta, oggi arriva il teatro.
Fu così con lo spettacolo di Marco Paolini sulla strage del Vajont. Ed è così con questo Sloi Machine di Andrea Brunello e Michela Marelli, un monologo sulla tragedia italiana dello stabilimento trentino della Sloi, Società Lavorazioni Organiche Inorganiche, in scena al Teatro Libero di Milano fino al 28 novembre.

Dal 1939 al 1978 -chiusure per ristrutturazioni a parte- la fabbrica della Sloy produsse il piombo tetraetile, quella sostanza chimica utilizzata per realizzare la benzina Super. Un veleno, per l’uomo e per l’ambiente. Se il piombo rende matti ma è difficile da assimilare, il piombo tetraetile si diffonde nell’aria e si assimila facilmente. Tanto che i vestiti civili degli operai della fabbrica, pur rimanendo chiusi per otto ore negli appositi armadietti degli spogliatoi, riuscivano a lasciare un alone di piombo sulla vasca anche quando venivano lavati quotidianamente.

Ci fu chi impazzì, chi si suicidò lanciandosi dalla finestra convinto di essere un aereo, chi minacciò la moglie, chi violentò i figli in preda alla follia. I primi sintomi erano una sorta di euforia da sbornia, al quale seguivano emicrania, sbalzi d’umore, amnesia, follia, anoressia. Impossibile conoscere l’esatto numero delle vittime. Di certo, oltre mille operai della fabbrica finirono in cura negli anni ‘60.

Una scena dello spettacolo
Tutti lo sapevano. Medici, istituzioni, organi di informazione e cittadini. Tutti sapevano che il rischio di contaminazione era altissimo,
che “nella benzina degli aerei e delle auto scorreva anche un po’ della vita di ciascun operaio”. “Ma ci sono cose che ti cambiano la vita di cui non ti accorgi fino a quando la tua vita non è cambiata”, osserva Brunello in scena. Già, così è l’Italia. L’Italia del 12 dicembre che cantava De Gregori. L’Italia dei buchi neri, delle tragedie sventate e di quelle subite. L’Italia dell’indolenza, della paura e dell’omertà. Dove nessuno fa mai niente prima che sia già avvenuto il dramma.

Un bravissimo Brunello, guidato dall’abile regia della Marelli, caparbia nell’uso delle musiche e delle luci, ricorda, riflette, si dimena sulla scena con gesti armonici e misurati. E lancia una domanda che fa venire la pelle d’oca: saremo capaci di non trovarci ad alzare le spalle quando i nostri nipoti ci chiederanno perchè abbiamo continuato a tagliare le foreste, a disperdere le risorse, a sfruttare impropriamente l’ambiente dal momento che era chiaro che si stesse andando incontro a una tragedia?

Nicole Cavazzuti

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